Grande è chi non smette mai di sorprendersi delle piccole cose. E loro di PIC “Patrimonio in comune” come rabdomanti di bellezze, mettono a servizio dei piccoli Comuni i propri saperi, attraverso una documentazione fotografica, audio-visiva e indagini diagnostiche, per la promozione del territorio e la tutela, appunto, del patrimonio. Sono le stesse piccole comunità a scegliere, in condivisione con il team di PIC, quali beni materiali e immateriali inserire nella “capsula del tempo” per farli eterni. Perché a rendere bella la fragilità di questi borghi non sono solo le risorse artistiche, le piazze, le chiese e i monumenti, ma anche le risorse umane.
Chi c’è dietro PIC? E perché va alla ricerca di fragilità e bellezza?
E’ un’equipe di professionisti del linguaggio audiovisivo: fotografi dei beni culturali, documentaristi, grafici e videomakers. Mossi dai tragici eventi sismici degli ultimi anni, si sono definitivamente convinti di poter e dover aiutare, con i propri mezzi, i paesi a conservare l’immenso patrimonio custodito nel cuore meno conosciuto e visibile d’Italia. Quello fatto dai piccoli Comuni a rischio sismico 1, con dissesto idrogeologico, fuori dai grandi circuiti nazionali. Non sono le città d’arte famose che captano buona parte dell’attenzione mediatica e delle risorse economiche. PIC si rivolge alle realtà nascoste, ma non per questo meno preziose. Anzi.
Gli storici dell’arte Davide Franceschini, Vanja Macovaz, i fotografi dei beni culturali Federico Di Iorio e Stefano Ciocchetti, il grafico Andrea Vendetti e il videomaker Mauro Pennacchietti, provenienti da ogni parte del Paese (Ciocchetti e Pennacchetti dal maceratese, colpito dal sisma 2016) hanno deciso di scendere in campo dedicando tempo, conoscenze ed energie proprio a questo patrimonio diffuso, realizzando una vasta e dettagliata campagna di documentazione di tutta la sua ricchezza. Fanno in modo, usando tecniche HD, fotogrammetria 3D, Macro, virtual tour, fluorescenza UV e infrarossi, documentari, droni e indagini diagnostiche non invasive, che i paesini si riscoprano belli. Una consapevolezza da diffondere prima della catastrofe, prima dell’arrivo di un terremoto o della morte di un personaggio storico del territori, detentore di tradizioni e identità culturali. Insomma prima che le cose cambino o non ci siano più, prima di piangere e lucrare. E PIC ha il potere di farlo, realizzando un dossier da mettere a disposizione di ogni singolo Comune in formato digitale e cartaceo, oltre che su un database fruibile da tutti.
E la cosa straordinaria è che lo faranno gratuitamente per i primi tre Comuni pilota del progetto, scelti tra Nord, Sud e Centro Italia. Hanno cominciato con Palomonte, in provincia di Salerno, a confine con l’Irpinia, devastata nel 1980 dal terremoto. Ancora oggi cura le sue ferite e, tramite PIC, vuole tramandare la memoria storica (errori e incompiute della ricostruzione inclusi). Per non dimenticare.
I giovani professionisti, sostenuti dal giornalista de “Il fatto quotidiano” Antonello Caporale, sono stati a Palomonte per incontrare amministrazione, cittadini e studenti e capire cosa volessero mettere nella “capsula del tempo”. Dopo aver concordato con loro quali emergenze storiche e architettoniche e quali abitanti-simbolo immortalare – proprio nel senso di rendere immortali – hanno agito. Un paio di mesi per raccogliere le idee e, a fine gennaio, sono stati ospiti del paese campano, che ha meno di 4mila anime, dando vita al reportage.
Il cucuzzolo roccioso su cui si arrocca e una strada sospesa tra le nuvole, la sala affrescata in municipio e la sua stratificazione di intonaco e storia; ma anche Nino e Pasquale, padre e figlio, mugnai da quattro generazioni, la giovane Giunta comunale, Gerardo on air su radio MPA, il chirurgo Umberto e l’imprenditrice Loredana, che coltiva grani antichi. Sono solo alcuni dei tesori del patrimonio, reso comune da PIC.
Oltre a non gravare sulle casse comunali, il progetto prevede corsi di formazione nelle scuole e laboratori per spiegare agli stessi residenti le potenzialità del posto in cui vivono, contrastando lo spopolamento. Bisogna crederci e rendersi conto, affinché lo sappiano anche visitatori e turisti.
“Per fare questo non intendiamo in alcun modo intaccare le già esigue risorse economiche delle singole amministrazioni – spiegano infatti i ragazzi -, che verranno invece reperite attraverso campagne di crowdfunding e sui territori, attirando finanziamenti privati e, qualora previsto, comunitari. Questa azione, man mano che prenderà corpo e visibilità, consentirà non solo una maggiore tutelabilità dei beni, ma anche una maggiore capacità di diffusione e promozione di queste risorse, consentendo processi di sensibilizzazione, “adozione” e sostegno (anche internazionali), sollecitando maggiori investimenti, attivando processi virtuosi, reti turistiche alternative. Il progetto è alla sua fase di avvio, investendo sulle nostre forze. Quel che ci serve non sono quindi le risorse dei Comuni, ma la loro piena disponibilità e accoglienza, consentendoci l’accesso a tutto il patrimonio artistico di cui dispongono (chiese, palazzi, conventi, monumenti, cicli pittorici, oggetti di rilevanza storica o artistica, libri e codici, piccoli musei e collezioni…), per poterlo documentare al meglio. Abbiamo bisogno di realizzare dei “dossier-prototipo” che ci consentano di dimostrare l’utilità, la fattibilità e l’efficacia della nostra proposta, consentendoci così di recuperare le risorse economiche e il sostegno sufficiente ad avviare e sostenere le campagne di documentazione, e la formazione di nuovi operatori per moltiplicare le forze in campo”.
PIC, in sintesi, fa prevenzione. Dopo aver scoperto la bellezza e l’identità di un paese, offre il farmaco affinché quel patrimonio, pur a rischio, in qualche modo resti, senza cancellarsi mai nella memoria.
di Lucia Gentili